IX. 29 luglio

Carmine Parise:

Penultimo giorno, ma che sa un po’ come l’ultimo.
Oggi arrivo presto in teatro, ho voglia di meditazione, ma come sempre è profonda come una pozzanghera.
Un po’ di male alle gambe, il training Shaolin di Emma ha lasciato i suoi segni, ma il giusto. Però succede una cosa bella: oggi finalmente facciamo yoga.
Ne avevo proprio voglia.

Oggi pomeriggio abbiamo fatto un filato con Paolo e Marina come ospiti.
Occhi esterni, presenze in teatro.
Io ho fatto due bei viaggi nella mia immobilità.
È incredibile, non mi annoio. Parlo tutto il tempo con il mio corpo, è un dialogo senza fine. Non terminiamo mai le cose da dirci.

Burqa lavaggio in conclusione, sempre bello.

Ora stiamo guardando Silvia Gribaudi.

Dovrò mandare questo messaggio sul finale, di nascosto, illegalmente.

Qual è la domanda che gli spettatori dovrebbero farsi?

Davide Finotti:

29-07-2021

Questa sera eravamo in 7. La cosa più lucente oggi sono stati i 7 abbracci pieni, giganti, felici al termine di ogni burqa lavaggio. Come mondarsi di luce 7 volte, come essere in epifania 7 volte, come gioire pienamente e compiutamente 7 meravigliose volte. Grazie.

Angelo Pedroni:

Perché Davide è umano? Chi diavolo sono le piante? Che cazzo succedeeee? Altri dispositivi?? Lo sguardo fa collassare il senso profondo delle cose. È un pacco. Soprattutto perché sei chiuso, al buio, un quadernino, un cervello, un paio di occhi non intercambiabili. Dico spesso che questa è la professione. Fare dei propri occhi un altro paio in attesa di una rivelazione di un pensiero nuovo. Ma è comunque un po’ come morire. Credo. Comunque oggi ero in scena. Sono stato praticamente sempre fuori a guardare durante i giorni della residenza. Adesso mi sento un impostore al cubo. Cioè, più del solito. Che significa proprio tanto. Poi Paolo mi fa delle specie di complimenti che mi scivolano addosso da una parte e mi fanno piacere dall’altra. Diviso male. Vabbè, poco rompere il cazzo. Abbiamo giocato un sacco. Spero sia stato utile. Adesso inizia uno spettacolo. Quello di Silvia e non voglio che mi veda con il cellulare in mano. Cazzo. Mi ha visto. Mi ha visto?

Emma Saba:

Sono un corpo caduto dallo spazio, apro gli occhi e vedo che ci sono degli spettatori che si aspettano che io danzi. E noi danziamo. Anche le piante sono cadute dallo spazio ma non sentono questa pressione. La maggior parte del tempo dello spettacolo ho gli occhi chiusi, ma ci sono luci. Ho osservato come Angelo parlava con quelle persone che sono venute a guardarci. Io avrei avuto stra paura non sarei mai riuscita a parlar loro così. Gli operatori teatrali mi sembrano più diversi delle piante in scena a proposito di alterità. Tutta un’altra specie. Nelle ultime prove ascolto attivamente la musica nella prima parte dello spettacolo quando dormo, oggi ho fatto qualche esercizio di autoipnosi per diventare pianta. How does the future influence the present?

Teodora Grano:

Almost the last
Quasi l’ultimo

A colazione:
Muesli e deduzioni dei trigger

A pranzo:
Pasta col tonno. Il mio incubo. In realtà mi ha fatto meno schifo di quanto pensassi.

Una cosa chiara:

Quando esco da questo lavoro sono spostata altrove. Non ricordo esattamente come fare ad essere quello che sono. Una distanza enorme tra tutte le cose. Simile agli arcipelaghi del Pacifico.

Quando parlo con qualcuno del teletrasporto tutti sostengono la stessa tesi: la smaterializzazione è possibile ma la ricomposizione comporterebbe un’alterazione sostanziale e imprevedibile del soggetto. Io mi sento così. Come se mi avessero appena rimaterializzata. E non hanno rimontato le cose come erano.

Oggi ci hanno visto 3 persone. Per chi guarda questo stadio del lavoro è un lavoro vagamente ostile, un lunghissimo crescendo senza climax, solo attesa e vago senso di suspence.

C’è una narrazione ma non porta dove vorresti.

Da dentro io mi addormento davvero e mi sveglio nel terrore che in tre flash di luce devo uscire, vestirmi, togliermi le cuffie, sentire di nuovo il sonoro e poi in poche battute rientrare pronta reattiva.

Credo non sia possibile portare un osservatore esterno in questo genere di esperienza.

Sarebbe interessante usare un gas che stimoli la sonnolenza e vedere se riusciamo a far dormire tutta la platea.

Chissà cosa sognano.

Mi piacerebbe che gli spettatori potessero essere complici di un sistema diverso dall’abituale , mettere in discussione alcune cose: il corpo ad esempio, il limite anche, lo svolgimento orizzontale degli eventi. Cioè siamo abituati che le cose si svolgono ma a volte le cose si involvono e altre volte ancora fanno cose peggiori tipo spiralizzare o incepparsi o collassare.

Da bambina ho giocato molto tempo a 1,2,3 stella. Molti pomeriggi passati così noi davanti a un muro. Ricordo l’odore dell intonaco d’estate, il suono della ghiaia sull’asfalto, l’alternanza silenzio rumore, i colpi al petto del ridere trattenuto. Non ricordo chi era il più bravo di noi, ricordo la nuca di quello che contava sempre. Giulia. La più piccola. Con l’inganno la facevamo sempre contare.

Sono passati così tanti anni che non lo so se è successo davvero.
Quali prove abbiamo che le cose siano successe?

Simone Arganini:

La mia randomness non si è mai attivata.

Era, quando qualcuno ti misura la febbre. Ma visto che abbiamo pescato i bigliettini dopo essere entrati in teatro la temperatura ce l’avevano già presa.

Oggi si è unita a noi Matilde!

Abbiamo fatto la prova aperta ma le casse collegate via radio e quella via bluetooth si sono spente, per cui il povero Davide ha dovuto rivivere l’incubo ALTRI DISPOSITIVI.

C’è una maledizione sulla tecnica di quella scena, che funziona sempre fino a che non c’è del pubblico. Anche se in realtà non credo in queste cose. Quindi migliorando la tecnica non fallirà più. L’ho promesso a Davide, povero.

Comunque oggi sentiamo di avere un po’ concluso anche la residenza anche se finisce domani in realtà.

Siamo a vedere Graces di Silvia Gribaudi ai chiostri di San Pietro ora.

Cosa ci si farà con tutti questi materiali?