III. 22 luglio

Simone Arganini

Oggi terzo giorno. Sto facendo amicizia con lo yoga e con il vecchio mixer digitale Yamaha. È stata una giornata serena per me.

Difficile dire se per tutti. Mi affascina come la percezione delle cose che ognuno ha sia profondamente colorata dall’esperienza personale. E quanto è poco scontato rendersi conto del fatto che quello è un colore solo nostro.

Il mio ginocchio sta meglio e sono molto contento di questo. È un’altra cosa che mi affascina. Quando si guarisce, per un pochino di tempo non si dà per scontato il fatto di funzionare bene.
A proposito di arrampicata, oggi Teodora si è arrampicata su Davide ed è bellissimo. Spero finisca nello spettacolo.

Sono giornate molto piene.

Quando può migliorare la vita allenare la capacità di accettare?

Carmine Parise:

Non ho dormito.

Una meditazione che non mi accompagna in posti sconosciuti, mi muovo sempre dove voglio io, anzi, dove non vorrei in realtà.

Sembra più faticoso del solito muoversi, forse non sono più abituato.
Mi sento un po’ estraneo nel mio corpo, sembra di non riconoscerlo a volte.
Sudo tutto di dosso. Chissà cosa mi rimane dentro.

Ho fatto i panini per tutti questa mattina, ma Emma è vegetariana e Davide non può masticare cibi complessi.

Mi sono quasi addormentato in scena.
Mettiti il costume.
Vestiti.
Ora finalmente siamo tutti alieni.
Crepa. Cosa si intravede dentro?

Teodora Grano:

Before the beginning, a silent walk with I.M.:

“Mama, warum?”

Black out:

(Nei nostri sogni ricorrenti ci sono dei black out perché ci sono troppi condizionatori accesi.)

Oggi è andata via la luce in casa. Perché c’erano troppi forni e condizionatori accesi. Le residenze di Manifesto Cannibale sono caratterizzate da un’insufficienza elettrica dovuta a un consumo o ad una richiesta di energia troppo alta rispetto alle possibilità del sistema.

(Come promesso) Una rubrica sul paradosso di Fermi – part two:

Alcune soluzioni possibili al problema del paradosso di Fermi.

  1.  Siamo soli. Non c’è nessun altro.
  2. Le civiltà evolute hanno breve durata. Quindi c’erano prima e ora non ci sono più.
  3. Esistono ma sono troppo lontani nello spazio e nel tempo. Ovvero non abbiamo i mezzi per una missione che porti così lontano nella galassia. Considerando che la luce impiega oltre 2 milioni di anni per arrivare nella galassia più vicina, bisognerebbe inviare una delegazione capace di riprodursi e sopravvivere per generazioni per arrivare a quella distanza di anni luce. E in ogni caso se riportassero un contatto, qui sulla Terra non ci sarebbe più nessuno nella missione iniziale. Comunque al momento se hanno inviato onde o segnali non li abbiamo capiti o non li abbiamo trovati o non possiamo riconoscerli e tanto meno tradurli.
  4. Esistono ma non comunicano o non vogliono comunicare. mica è il desiderio primario per tutti il desiderio di comunicare!
  5. La teoria della foresta oscura di Liu Cixin. My favourite.

. Primo assioma: la sopravvivenza è il primario bisogno di una civiltà, di conseguenza le civiltà fanno tutto ciò che serve per garantirsi la sopravvivenza.

. Il secondo assioma è che le civiltà crescono e si espandono, ma la quantità della materia e delle risorse dell’universo è finita.

Conseguenza: l’universo è una foresta oscura dove tutti si nascondono, perché non appena sei notato sei catalogato come possibile concorrente alla sopravvivenza, ti distruggono e ti depredano della tua materia prima che lo faccia tu. A questa teoria si possono però portare le obiezioni già viste nel punto precedente. Una civiltà tecnologica necessariamente produce una grande quantità di messaggi inconsapevoli, almeno fino a che non subentra la sindrome della foresta oscura, ammesso che questa sia l’evoluzione necessaria di ogni civiltà. Inoltre, anche a questa teoria si può portare una delle obiezioni principali dei punti precedenti: l’unica civiltà tecnologica di cui abbiamo esperienza è la nostra e noi ci stiamo comportando in modo completamente opposto.

Appendice:

La Nasa ha inviato nello spazio una rappresentazione degli umani con un disegnino stilizzato dell’uomo e della donna. I genitali femminili erano un triangolino liscio. Prevedo problemi all’orizzonte se gli alieni arrivassero a verificare. A colazione abbiamo riso molto sulla vignetta di Liv Stromqvist che rappresentava le reazioni degli alieni.

I tecnici:

I tecnici ieri hanno fatto cadere il cactus, che già era caduto varie volte perché ha le braccia troppo grosse rispetto al busto ed è cresciuto sbilanciato. Hanno anche imprecato:

– Perché vi portate le piante?
– Perché sono dei performer!

Fatto sta che è diventato praticamente innocuo. Tutto il suo sistema difensivo è stato rotto. Del resto se vivesse radicato a terra non cadrebbe mai. Le piante che cadono sono quelle che vengono sradicate dai cataclismi. Quindi sono casi rari in seguito ai quali muoiono. Chissà com’è per una pianta cadere ed essere rialzata. E continuare a vivere. Ma un po’ rotta.
Se lo tocchi nella linea senza spine comunque è liscio come la pelle del braccio.

Una domanda che è anche il libro che sto tentando -senza successo- di leggere:

Come pensano le foreste?

Emma Saba:

Davide sta pensando al vino bianco (fresco fresco fresco). L’acqua di Reggio Emilia non mi piace, è sempre calda. “Non ci sono più le recensioni di una volta”. È molto bello vivere in residenza tutti insieme. La mia referenza di residenze resterà sempre <age>, che è stata la prima residenza della mia vita. “Tutti a scrivere”. OGGI SONO ENTRATA NEL TEMPO VERTICALE!!! Ad un certo punto la mia anca destra ha iniziato a farmi malissimo ma era un dolore che era quasi un piacere. È stata quasi una rivincita sulle stands di shaolim. Avevo davvero la sensazione di poter stare là per sempre, mi immaginavo di volare su una nuvola come all’inizio di di un film svedese che è uscito quest’anno. Thirteen harmonies di John Cage. Ci sono ancora delle cose di cui non riesco a scrivere. Cosa è successo a quel video di Salvini?

Angelo Pedroni:

Piccoli tentativi di anarchia creativa. Anche, meglio, piccoli tentativi di squadra no plus ultra Manifesto Cannibale. O “come parlare di Pornografia Vegetale”. Esercizi? Esatto, esercizi. Esperimenti e di nuovo esercizi. Ogni tanto la mia voce sa di rumore di fondo. Rubo roba. “Arrampicazioni”. Seee, vabbè. Rubo roba. Va bene, tutto in nome di una certa anarchia. Potremmo intitolarla, “Alla ricerca di un minimo spirito punk”, io, che sono nato vecchio. Tornando verso casa ci ferma una ragazza che sembra una donna con cui il tempo è stato ingrato probabilmente. O forse, solo una donna con cui il tempo è stato normale. Parla sottovoce, con un certo pudore chiede i classici 50 cent, “è un periodo difficile”. Vero, in ogni caso probabilmente. Ci son i piccioni che bevono nelle fontane che sono talmente basse che ci puoi camminare. Mi trovo a pensare per un momento che magari l’acqua non è wow in quella fontana. Stiamo passando la maggior parte del tempo solare all’interno di un teatro senza finestre con l’aria condizionata. Piccoli spiragli di realtà conditi da aperitivi rapidi e indolori. Ogni tanto spunta il riflesso del terrore di stare facendo qualcosa di veramente senza senso. Poi, boh, le arrampicazioni rubate, risvegli artificiali, cordini e un PvC bianco. Quando qualcosa sa di bello forse ne vale la pena e punto. Ma, appunto, il bello non è sufficiente. Ho bisogno dell’anarchia punk. E quindi, aiuto, dove cazzo è?

Davide Finotti:

22 luglio 2021.

Il mio primo freeze fight. La posizione non era particolarmente complessa: una leggera torsione del busto sulle gambe leggermente divaricate, il peso maggiormente spostato sulla destra, il braccio destro teso verso il basso mentre il sinistro alzato all’altezza del gomito, la spalla leggermente allontanata dal busto come se il gomito lo spingesse lontano dal tronco centrale e dalle due radici che poggiano cercando radicamento a terra. Ah dimenticavo, la bocca leggermente aperta. Parte il freeze. Cerco di stabilizzarmi il più possibile, sento l’alito caldo, bollente, bagnato a volte da delle gocce di sudore che si staccano violentemente dai baffi, forse spinte e sollecitate dalla propulsione di alito che lì vicino viene spinta fuori dalla bocca. Man mano il fiato si fa più lungo, più calmo, più profondo e la consapevolezza di ogni muscolo in tensione, della stessa posizione che ho assunto quasi inconsapevolmente al momento del blocco, si fa più concreta. Sento dalla fronte, dove parte la cute, all’attacco dei capelli insomma, che inizia a generarsi sudore. Tante gocce di acqua salata che piano piano escono dai pori, si fanno grandi, si agglomerano assieme e appena diventano grosse, troppo pesanti per rimanere appese, aggrappate alla pelle eccole che precipitano. Soltanto sulla fronte, come incidendola… Sento quella traiettoria, quel solco nella pelle, come un taglio di un bisturi. Inizio a sentire la stessa cosa dietro la schiena, la traiettoria è molto più lunga, il solco più profondo. Apro gli occhi. Respiro. Esco gloriosamente.